martedì 5 ottobre 2010

La grande intelligenza collettiva dei piccoli gruppi




Da un articolo di LE SCIENZE del 04/10/2010:

Se un gruppo coopera bene, può sfruttare un sovrappiù di intelligenza che eccede le capacità dei suoi singoli membri. A stabilirlo è uno studio condotto da ricercatori del MIT, della Carnegie Mellon University, e della Union College, che firmano in proposito un articolo pubblicato su Science, nel quale si mostra anche che la tendenza a cooperare con efficacia è di fatto legata al numero di donne che sono presenti nel gruppo.

"Abbiamo voluto controllare l'ipotesi che i gruppi in quanto tali, al pari degli individui, hanno una consistente capacità di affrontare differenti tipi di compiti", ha detto Anita Williams Woolley, prima firmataria dell'articolo. "E la nostra ipotesi è stata confermata. Abbiamo trovato che esiste un'efficacia generale, un'intelligenza collettiva di gruppo, che è predittiva delle prestazioni del gruppo in molte situazioni".

Questa intelligenza collettiva, sostengono i ricercatori, è strettamente legata alla capacità di sviluppare una buona cooperazione: gruppi i cui membri avevano più elevati livelli di "sensibilità sociale" erano quelli che mostravano una più elevata intelligenza collettiva.

"La sensibilità sociale ha a che fare con la capacità dei membri del gruppo di percepire le emozioni di ciascun altro membro del gruppo. Così, nei gruppi in cui vi era una persona dominante, il gruppo aveva un'intelligenza collettiva inferiore rispetto a quelli in cui i rapporti di conversazione erano distribuiti in modo più uniforme", osservano i ricercatori. In generale, inoltre, i gruppi che contenevano più donne mostravano una maggiore sensibilità sociale e una maggiore intelligenza collettiva di quelli con meno donne.

Per arrivare alle loro conclusioni, i ricercatori hanno condotto una serie di studi su 699 soggetti suddivisi in gruppi che comprendevano da due a cinque persone. I gruppi lavoravano su una serie di problemi che andavano da puzzle visivi a negoziazioni, da brainstorming a giochi di ruolo di varia complessità.

Dall'esame dei risultati e dei singoli soggetti i ricercatori hanno stimato che l'intelligenza collettiva poteva rendere conto di circa il 40 per cento delle variazioni nelle performance dei diversi gruppi in un'ampia varietà di compiti. Le prestazioni del gruppo non apparivano infatti determinate in primo luogo dalle capacità individuali dei suoi membri: l'intelligenza massima e quella media di un gruppo non risultava predittiva delle prestazioni del gruppo. (gg)
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Tutto questo, ha nostro avviso, è un ulteriore indizio del funzionamento della RETE DEGLI INCONSCI da noi teorizzato. Vedi: www.inconsci.blogspot.com

Gia sappiamo che (vedi il nostro POST: http://nuoveteorie.blogspot.com/2009/06/lintelligenza-e-i-domini-di-conoscenza.html)
l'uomo si è evoluto in modo intellettivo molto più delle scimmie perchè soltanto noi siamo in grado di combinare pensieri derivati da diversi domini della conoscenza per creare nuove rappresentazioni del mondo e trovare nuove soluzioni ai problemi. Un esempio limite è dato dal genio multidisciplinare di Leonardo da Vinci.

Se ora immaginiamo che in un gruppo affiatato e dotato di elevati livelli di "sensibilità sociale", gli inconsci si mettano in comunicazione tra di loro e possono confrontare le singole conoscenze dei domini di ciascun individuo, è chiaro che le probabilità di trovare nuove soluzioni salgono di molto (un parallelismo tra un computer server che si serve dei dati di singoli più computer per trovare le soluzioni migliori). Se invece prevale un inconscio dominante, questo libero scambio emotivo (e quindi inconscio) non avviene. La presenza delle donne accentua poi lo stato di emotività sia per componenti sessuali inconsce, ma anche tra donne stesse, già geneticamente più predisposte a cooperare, a differenza degli individualismi maschili (e mi riferisco alle eredità sinaptiche dei tempi dei cacciatori-raccoglitori, quando le donne rimanevano, tutte insieme, nell'accampamento)


Questo meccanismo molto probabilmente è alla base delle grandi RIVELAZIONI ed ILLUMINAZIONI che certe persone ricevono nel loro inconscio (Gli antichi maestri induisti,Tao, Buddha, Mosè, Zaratustra, Mani, Maometto, Jung, etc.). Queste sono il frutto di interazioni inconsce di molte persone (anche interi popoli) che sfruttano le singole conoscenze e le elaborano collettivamente in nuove visioni della realtà. Così si spiega la molteplicità delle migliaia di religioni e di culti esoterici, spesso con insegnamenti contrastanti, ma in ogni caso diversi. In questa visione si inserisce anche il nostro nuovo sistema filosofico della RETE DEGLI INCONSCI, frutto delle ultime conoscenze scientifiche e di millennari insegnamenti considerati spirituali. Ai tempi delle pseudo-illuminazioni e pseudo-rivelazioni del passato, non erano importanti i contrasti tra scienza e religione, perchè giudicati operanti su piani diversi. Oggi, invece, una visione alternativa della realtà, per essere più convincente e condivisa, necessita anche della mancanza di questi contrasti. Naturalmente, le precedenti visioni della realtà erano frutto di elaborazioni di domini di conoscenze collettivi più limitati.

martedì 16 febbraio 2010

Analisi dei tre sistemi filosofici non riduzionisti Metafisica, Olismo, Rete degli inconsci

1) PREMESSA.
Il sistema filosofico basato sulla “Rete degli inconsci” non postula l’esistenza di nessuna spiritualità (o pseudo-tale) prima dell’avvento di esseri umani (o dotati di coscienza, razionalità ed astrazione); per cui limita queste attività nel pianeta terra agli ultimi 3-4 milioni di anni su circa 13 miliardi di anni dal BIG BANG, e dal punto di vista spaziale, nella nostra galassia, solo sulla terra.
E’ stata l’evoluzione biologica che arrivando ad esseri intelligenti, consapevoli e razionali, ha interconnesso i loro inconsci, come già avveniva per altre forme di animali inferiori (stormi di uccelli, banchi di pesci, insetti sociali, etc.). Da qui la travisazione di questi fenomeni per l’esistenza di un mondo parallelo spirituale o metafisico; e/o di una visone olistica della realtà.
La verità, in natura, è molto spesso quella più semplice e più probabile.

2) ANALISI DEI SINGOLI FENOMENI
I fenomeni esoterici o pseudo-tali di nostra conoscenza hanno interessato singole persone, coppie di persone, gruppi di persone, o molto più raramente collettività di persone (allucinazioni collettive); e difficilmente collettività molto ampie di persone (a meno delle preghiere collettive di maomettani, rosacroce, etc.).
Da qui, tra i tre sistemi analizzati, quello che presenta più probabilità di essere reale è sicuramente quello della rete degli inconsci, che come avviene per la rete internet, presenta tale flessibilità di interconnessione (singola, a coppia, a gruppi, a grossi gruppi); e difficilmente quello dell’olismo, che dovrebbe interessare tutti contemporaneamente in tutto l’universo. Basti pensare a due o tre distinti stormi di uccelli che volteggiano nell’aria distintamente (dov’è la coordinazione inconscia unica?).

3) ANALISI TEMPORALE.
Viene difficile immaginare un mondo metafisico o olistico che rimane in letargo per 13 miliardi di anni, aspettando l’arrivo dell’uomo, per rimanere attivo solo qualche milione di anni, e poi ripiombare in letargo. Nella rete degli inconsci, invece, è del tutto plausibile che questo mondo pseudo-spirituale nasca e muoia con l’umanità stessa.

4) ANALISI SPAZIALE.
Viene altrettanto difficile immaginare un mondo pseudo-spirituale limitato alla sola terra (un granello di polvere rispetto all’universo), mentre in tutto il resto dell’universo regnano solo le leggi fisiche che conosciamo, e la materia non interagisce con delle “MENTI” di organismi intelligenti e razionali.

5) CONCLUSIONE
E’ lapalissiano che il sistema della RETE DEGLI INCONSCI è quello più probabile e realistico; e l’unica spiegazione per cui la metafisica e l’olismo hanno avuto per millenni il sopravvento è dovuto solo a non aver ipotizzato una rete degli inconsci del tipo di internet (cosa prima del 2000 al di sopra della nostra fantasia umana; ma ormai del tutto semplice ed intuitiva). La metafisica e l’olismo sono nati anche dalla GRANDE PRESUNZIONE che tutto l’universo sia stato concepito per essere funzionale e a servizio dell’uomo (o di altri esseri che arriveranno ad avere coscienza e razionalità); mentre tutta la scienza propende per una evoluzione materiale e biologica senza una regia prestabilita.

Qualcuno potrà obiettare che, in questa visione, manca l'amore e l'odio; ma non dimentichiamo che, invece, uno dei CAVALLI DI BATTAGLIA, è proprio la concezione innovativa del MALE e del BENE.
Vedi il POST: http://apiuvoci2.blogspot.com/2010/01/il-bene-e-il-male-rev-1.html

sabato 21 novembre 2009

Il terzo segreto di Fatima e la nuova visione della realtà

Dal sito: http://www.the1phoenix.net/x-files/fatima.htm

Come osserva Bongiovanni:
".. Il terzo segreto di Fatima mette in chiara luce il profondo scisma che esiste all'interno della chiesa cattolica. Da una parte esiste un fortissimo potere economico legato agli scandali bancari, al riciclaggio del denaro sporco, e la corruzione che si è annidata all'interno della chiesa cattolica dagli inizi del Medio Evo fino ad oggi e dall'altra esiste la vera chiesa di Cristo fatta dai missionari e da coloro che dedicano anima e corpo al prossimo servendosi degli introiti economici a fin di bene. Rendere palese una tale divisione farebbe crollare il potere che la Chiesa temporale di oggi esercita indisturbata. La Madonna profetizza chiaramente la fine di questo tipo di chiesa e preannuncia la nascita di una chiesa spirituale in obbedienza profonda a ciò che il Cristo insegnò e per la quale donò la sua vita con la PASSIONE e la RESURREZIONE. .. Coloro che detengono il potere temporale ed economico dello Stato del Vaticano non vogliono che la gente sappia che il ritorno del Maestro Gesù è prossimo, anzi, che spiritualmente egli è già tornato, e che presto personificherà un essere umano per manifestarsi come promise egli stesso nelle sacre scritture."


Come ha affermato padre Balducci (demonologo della Santa Sede) in un'intervista, confermando parzialmente il testo del terzo segreto (quello circolante da trent'anni ma mai avvallato dalla Chiesa):
"Nel Terzo Segreto di Fatima si parla di due cose. Alla prima vi hanno fatto caso tutti, alla seconda pochissimi. La prima è una guerra nucleare prima della fine del millennio, e dal contesto si evince chiaramente. Infatti il testo parla dell'impiego di armi più potenti di mille soli. È chiaro di quali armi si tratta tenendo conto che il testo continua dicendo "i sopravvissuti invidieranno i morti". Si tratta di coloro che, sopravvivendo alle armi nucleari, soffriranno per le radiazioni. L'altro aspetto, meno noto, è LA CRISI DOTTRINALE DELLA CHIESA. .. "Sì, la Madonna nel Terzo Segreto di Fatima dice questo, ma nessuno ha notato che, prima di ogni cosa, Lei premette che tutto succederà se l'umanità non si ravvede". Quindi è tutto condizionato a questa premessa. Ma io sono ottimista. Noi, come uomini, possiamo influire nell'avverarsi di una profezia, spostandone la data e nell'intensità degli eventi profetizzati, mitigandoli."


Inoltre qualche veggente (o sedicente tale) afferma:
"Che fin dal concilio di Nicea iniziano gli errori dottrinali della chiesa."


Molti credono che il terzo segreto di Fatima profetizza LA FINE DEL CATTOLICESIMO DOGMATICO, e un ritorno al cristianesimo prima del concilio di Nicea; e come ben ha detto, padre Balducci, le profezie si possono cambiare con le preghiere e il libero arbitrio.

La nuova visione della realtà, basata sull’interconnessione tra gli inconsci, in una rete che ricorda internet, potrebbe essere la CHIAVE per dare delle basi filosofiche-scientifiche a un Cristianesimo non metafisico e non dogmatico, che non si presenterebbe in contrapposizione al cattolicesimo (cambiando, così, o mitigando la profezia di Fatima; e in ogni caso non facendo prevalere, nemmeno temporaneamente, le forze del male), ma si affiancherebbe ad esso per RECUPERARE quanti hanno perso e potrebbero perdere la fede nel cristianesimo per i contrasti tra una visione metafisica del mondo e le ultimissime scoperte della scienza, specialmente nel campo della biologia, genetica, psicosomatica e neuroscienze. Ricordiamo infatti che nel concilio di Nicea è stato considerato canonico anche il vangelo di san Giovanni, dal carattere profetico, ma troppo intriso di filosofia gnostica del tempo, che è poi servito da base a Sant'Agostino per introdurre la metafisica neoplatonica nel cristianesimo.

Le attuali posizioni riduzioniste delle neuroscienze.



QUESTO POST RIPORTA UN ARTICOLO DI ALTRI, AL SOLO SCOPO DI RIASSUMERE, BREVEMENTE, LE ATTUALI POSIZIONI SCIENTIFICHE DELLE NEUROSCIENZE, CHE NON TENGONO CONTO DELLA TRASMISSIONE TRA INCONSCI. Tutto questo ai fini propedeutici del POST successivo sul TERZO SEGRETO DI FATIMA.

DAL SITO: http://www.positanonews.it/index.php?page=dettaglio&id=23143

Pensieri in parole di Luigi Di Bianco
25/04/2009

IL CERVELLO UMANO ED IL SUO RAPPORTO CON L´ANIMA.

Nel mio pezzo della settimana scorsa ho negato che ci possa essere immortalità personale perché il cervello e l’anima sono così intimamente connessi che la morte del corpo e, quindi, del cervello, comporta, ineluttabilmente, anche la morte dell’anima. Per verificare l’intima connessione anima-cervello, in questo articolo vedremo insieme come è fatto il cervello e come esso svolge la funzione conoscitiva/intellettiva.

Lo studio del cervello rappresenta una vera e propria sfida data l'enorme complessità e mistero che avvolge quest'organo centrale per la nostra esistenza. Già Spinoza, nel seicento, aveva scritto: "[…] il cervello umano supera in ingegnosità tutte le costruzioni della perizia umana" .
La cosa veramente sorprendente è che semplici cellule possano condurre al pensiero, all'azione e alla coscienza. Anche se si sono fatti passi avanti notevolissimi nella conoscenza dei processi cerebrali, bisogna dire che la neurobiologia è tuttavia assai lontana da una teoria completa della coscienza. Una solida base di conoscenza è comunque stata acquisita su come funziona il cervello.
I neuroni, unità fondamentali del cervello, vengono prodotti durante la vita fetale. Durante questa fase, l’organismo produce circa 250 mila neuroni al minuto. Ma circa un mese prima della nascita, la produzione si blocca e per il cervello comincia una seconda fase che durerà per tutta la vita: la creazione di connessioni tra le cellule. In questo processo, le cellule che falliscono le connessioni vengono eliminate, tanto che al momento della nascita sono già dimezzate. La moria di neuroni diviene imponente a partire dai 30-40 anni quando, senza che l’organismo le sostituisca, le cellule cerebrali cominciano a morire al ritmo di 100 mila al giorno, circa 1 al secondo. Ma se hai più di 30/40 anni non è che devi preoccuparti più di tanto: per fortuna non c’è un corrispondente declino mentale: la capacità di creare nuove connessioni preserva, infatti, fino a un certo punto, le facoltà mentali acquisite.
Il neurone, questa minuscola cellula che costituisce il mattone del cervello, può essere paragonata ad un computer in miniatura perché raccoglie, elabora e trasferisce informazioni, o per meglio dire, impulsi nervosi.

Nella figura ho riportato lo schema di un neurone. Ciascun neurone consiste di un corpo cellulare, o soma, che contiene il nucleo cellulare o, per continuare la similitudine con il computer, l’unità di elaborazione centrale (CPU). Le informazione all’unità di elaborazione arrivano lungo un gran numero di fibre chiamate dendriti. Ogni dendrite costituisce una porta di ingresso. Quante porte di ingresso ci sono per ogni neurone? Non c’è un numero fisso. Ogni neurone può avere un numero variabile di dendriti che può variare da alcune centinaia ad alcune decine di migliaia. Nel disegno ho indicato solo tre porte di ingresso in corrispondenza di tre linee di input.
Se consideri che un neurone può avere alcune decine di migliaia di porte di ingresso ti puoi rendere conto della complessità di questo minuscolo computer. Adesso immagina che, di questi computer in miniatura, nel cervello ce ne sono circa 100 miliardi! Sì, hai letto bene ... cento miliardi.
Da dove provengono i segnali in input? Dalle cellule sensoriali, come quelle della retina dell’occhio, oppure, più frequentemente, da altri neuroni.
I segnali arrivano al micro-computer attraverso le porte di ingresso (dendriti) e vengono elaborati dall’unità centrale (corpo cellulare). Se, e solo se, l’unità centrale verifica determinate condizioni allora il corpo cellulare ‘spara’, o invia, un segnale lungo l’unica linea di output o porta di uscita. La linea di output è una singola fibra lunga chiamata assone. L'assone si allunga per un lungo tratto, in genere circa un centimetro (cento volte il diametro del corpo cellulare) e fino a un metro in casi estremi.
Dove va a finire il segnale in output lungo l’assone? Può andare ad attivare cellule muscolari oppure, più frequentemente, è applicato in input ad altri neuroni. Verso l’estremità anche l'assone si suddivide in numerose ramificazioni. Succede quindi che il singolo segnale in output non ha un solo destinatario ma può interessare alcune decine o centinaia di neuroni o cellule muscolari collegate.
Normalmente un neurone spara un segnale tutto-o-niente, o, per dirla in termini informatici, un segnale digitale di valore 1 o valore 0. Ma cosa deve verificare la CPU per decidere se sparare o meno il segnale in uscita? Ogni neurone ha una soglia di attivazione, se il livello di attivazione raggiunge la soglia prestabilita, il neurone spara il segnala in uscita. Il livello di attivazione del neurone in un dato momento è determinato dai segnali applicati sulle centinaia o migliaia di porte di ingresso.
Ma non è tutto così semplice! Ogni singola porta ha un filtro che può amplificare o attenuare il segnale in arrivo. Il filtro si chiama sinapsi (nel mio disegno le ho indicate con le lettere w1, w2, e w3). Se ci sono 100 miliardi di neuroni ed ogni neurone può avere decine di migliaia di porte di ingresso … quante sinapsi ci sono nel cervello? Un numero impressionante … dell’ordine di migliaia di trilioni.
L’esistenza di queste sinapsi fu scoperta da Charles Scott Sherrington, grande neurofisiologo, premio Nobel 1932 per la medicina e la fisiologia. Le sinapsi non sono connessioni fisiche perché tra due neuroni s’interpone sempre una microscopica fessura. Per superare questo varco, i segnali si trasformano: da elettrici, diventano chimici. La terminazione dell’assone rilascia sostanze, dette neurotrasmettitori, che, saltata la fessura della sinapsi, sono raccolte dagli appositi recettori presenti sulla membrana della cellula-obiettivo. Catturato il neurotrasmettitore, il messaggio chimico viene riconvertito in impulso elettrico.
Per i nostri scopi, possiamo tralasciare la complicata reazione elettrochimica e vedere le sinapsi come un semplici filtri che amplificano o attenuano i segnali elettrici che vengono frapposti fra l’assone della cellula mittente e il dendrite della cellula ricevente.
Torniamo alla mia figura di prima. Per conoscere il livello di attivazione raggiunto in un certo momento dal neurone in figura occorre calcolare la formula: La = i1*w1 + i2*w2 + i3*w3 dove il valore di ‘w’ è positivo nei casi di sinapsi eccitatorie e negativo per le sinapsi inibitorie. Bene, penserai, anche se si tratta di migliaia di sinapsi, il livello di attivazione del neurone sarà determinato, una volta per tutte, dal risultato di un calcolo ben preciso. Neanche per sogno! Il fattore di amplificazione/attenuazione di w1, w2, e w3 non è fisso. Le connessioni sinaptiche esibiscono, infatti, una certa plasticità, ovvero possono cambiare il fattore di amplificazione/attenuazione di w1, w2, e w3 in risposta a determinati schemi di stimolazione. In altre parole il cervello è capace di plasmare se stesso attraverso il continuo rimodellamento delle sinapsi esistenti e la creazione di sinapsi nuove.
Il tuo cervello, il mio cervello non è uguale a come era solo 1 secondo fa, si rimodella in continuazione, ogni volta che lo usiamo si modifica. Ogni singolo pensiero che passa per la nostra testa modifica qualcosa nei circuiti neuronali del nostro cervello.
Abbiamo già visto che due neuroni, per comunicare, si scambiano sostanze chimiche che li inducono a generare particolari impulsi elettrici. Immagina di ripetere questo processo milioni, miliardi di volte e avrai un’idea, sia pur semplificata, del trasferimento di un’informazione (visiva, acustica...) all’interno di un circuito neuronale del cervello umano.
Metti ora insieme i singoli pezzi e prova ad immaginare i 100 miliardi di neuroni e le migliaia di trilioni di sinapsi collegati tutti insieme in una complicata architettura di interconnessioni percorsa in continuazione da segnali elettrochimici. A questo punto puoi cogliere la complessità pazzesca dell’architettura del cervello, di questo grumo di materia amorfa, informe, leggermente repellente e troppo spesso sottovalutata (vedi Cartesio).
Ma a cosa serve questa complessa architettura? Che relazione ha con i processi di apprendimento, con la memorizzazione? Il segreto della memorizzazione è nella plasticità neuronale, cioè nella capacità delle sinapsi di modificare il fattore di amplificazione o di attenuazione di un segnale.
Vediamo un caso semplice. Immagina, per esempio, di cogliere un fiore mai visto prima e che qualcuno ti dica che il fiore in questione si chiama ‘fresia’ (in costiera amalfitana, dove crescono spontaneamente, le fresie dovrebbero essere già fiorite in questo periodo). Ti accorgi che questo fiore è caratterizzato da un profumo piacevolissimo e lo annusi varie volte. Questo tipo di informazione viaggerà dalla tua mucosa olfattiva (la parte interna del naso che "sente" gli odori), lungo il nervo olfattivo, fino alla parte della corteccia cerebrale organizzata per analizzare e comprendere i profumi. Nel fare ciò, l’informazione attraverserà un numero enorme di sinapsi creando l’equivalente di un "sentiero" neuronale. Al ripetersi dell’esperienza, ogni volta che riannusi il fiore, l’informazione viaggerà nuovamente lungo lo stesso percorso rinforzandolo ancora di più, proprio come il passaggio di molte persone sulla neve fresca crea un solco sempre più profondo in relazione al numero di persone che vi passano.

Questo processo, chiamato “facilitazione”, è la base fisica dei processi di apprendimento e memorizzazione: quando un’informazione è passata un gran numero di volte attraverso lo stesso "sentiero", cioè la medesima sequenza di sinapsi, le sinapsi stesse sono così "facilitate" che, per esempio, quando sentirai, dopo un certo tempo, lo stesso profumo piacevolissimo, automaticamente lo abbinerai all’immagine di un fiore chiamato fresia. Ecco generato il ricordo. Io ho sentito il profumo delle fresie da bambino e sono ancora in grado di riconoscerlo a occhi chiusi.
Lo stesso accadeva quando, a scuola, si cercava di memorizzare una poesia. Ripetendo mentalmente, in continuazione, una sequenza di parole si andava a rinforzare un certo percorso neuronale che poi era facile ripercorrere quando si veniva interrogati in classe. Questo meccanismo spiega anche un altro piccolo mistero: perché mai, quando abbiamo imparato una poesia, è così difficile recitarla partendo dalla seconda strofa e non dall’inizio? Proprio perché l’intera memorizzazione fa parte di un percorso "facilitato": solo imboccandolo dall’inizio si riesce a ripercorrerlo senza difficoltà.
Questa teoria dell’apprendimento fu proposta per la prima volta dallo psicologo canadese Donald Olding Hebb che introdusse quella che è ancora conosciuta come la “regola di Hebb”, o dell'apprendimento hebbiano. Secondo questa regola: «se un neurone A è abbastanza vicino (minima fessura sinaptica, NdA) ad un neurone B da contribuire ripetutamente e in maniera duratura alla sua eccitazione, allora ha luogo in entrambi i neuroni un processo di crescita o di cambiamento metabolico tale per cui l'efficacia di A nell'eccitare B viene accresciuta».
Ovviamente il processo dell’apprendimento è molto più complesso. Le informazioni da apprendere e memorizzare sono caratterizzate da diversi parametri (colore, sapore, suono, emozione, dimensione, gioia, sofferenza...) che, presi uno per uno, interessano aree cerebrali differenti. Il cervello è infatti suddiviso in centinaia di aree, ognuna delle quali governa una specifica funzione.
Ogni volta che pensiamo, ricordiamo, parliamo, cantiamo, corriamo, annusiamo o soffriamo, queste aree si attivano in maniera trasversale, attraverso un processo ancora non ben chiarito d’integrazione dei singoli aspetti della realtà. Il mistero maggiore è come facciano i frammenti dispersi nelle varie aree del cervello a ricomporsi, all’occorrenza, in qualche millesimo di secondo, facendo riemergere il ricordo completo. Più facile, invece, è capire perché alcuni ricordi si perdano (o vengano fatti sparire volontariamente): basta che il percorso "facilitato" tra le sinapsi si cancelli o si indebolisca, e il ricordo diventa inaccessibile.
Certo, è legittimo pensare che l’apprendimento sia qualcosa di più della ristrutturazione di un certo numero di sinapsi... ma è assolutamente certo, esistono prove concrete, che senza la plasticità neuronale non saremmo capaci di apprendere e di ricordare.
Finora ho cercato di dare un’idea, semplificata al massimo, della struttura e del funzionamento del cervello. Adesso provo a passare ad un argomento molto più controverso e ancora avvolto nel mistero. Ora “si tratta di capire come si passa dal cervello alla mente. Come si passa cioè dal corpo allo spirito”. (Edoardo Boncinelli)
Ecco qui, penserai, … ricompare lo spirito e la speranza di immortalità. Ma se pensi di poterti ancora aggrappare allo spirito a cui si riferisce Boncinelli per continuare ad illuderti di essere immortale … sorry … sei cascato male.
Il neuro-scienziato Antonio Damasio, portoghese operante negli USA, rappresenta una delle figure di maggior spicco a livello mondiale nel campo delle neuroscienze. Secondo Damasio, lo studio delle funzioni cognitive, e in particolare della coscienza, è stato per lungo tempo trascurato a causa della tradizione filosofica che, come hai visto nel mio precedente articolo sull’anima, può essere fatta risalire a Cartesio. Damasio, nel 1994 ha pubblicato il libro “L'errore di Cartesio” dove spiega come Cartesio non abbia capito che la natura ha costruito l'apparato della razionalità, della coscienza di sé, non solo al di sopra di quello dell’apparato biologico, ma anche a partire da esso e al suo stesso interno. Per la cronaca segnalo che Damasio, nel 2003, ha pubblicato anche “Alla ricerca di Spinoza. Emozioni, sentimenti e cervello”.
Egli riporta il caso di pazienti con danni nella regione prefrontale che sembrano aver perduto la coscienza di sé e la capacità di provare alcune delle emozioni più comuni. Questi pazienti si comportano come zombie, sono, cioè, capaci di muoversi e di fare cose, ma sembrano aver perso la coscienza di sé. In altre parole questi pazienti sembrano aver perso l’anima.
Mentre sulla struttura e funzionamento del cervello sono stati fatti grandi passi avanti, non altrettanto si può dire per lo studio delle funzioni cognitive, e in particolare della coscienza. Bisogna ammettere che si è ancora molto lontani da una teoria della coscienza.
Riporto qui comunque la teoria della coscienza proposta da Antonio Damasio.
La coscienza, nel modello di Damasio, emerge da specifici fenomeni che hanno luogo nei neuroni del cervello. Damasio usa una terminologia tutta particolare per presentare la sua teoria. Egli introduce il termine "movie-in-the-brain" o "film-nella-testa" per descrivere la capacità del cervello di creare immagini del mondo e del proprio corpo basandosi su mappe neuronali del cervello. L’immagine del proprio corpo e delle sue sensazioni è qualcosa chiamato "proto-self" o "proto-sé". Infine, egli usa il termine core-consciouness per definire la coscienza di sé o "sé autobiografico".
Ho introdotto sopra il termine ‘mappa neuronale’. Cos’è questa cosa strana? Una mappa neuronale può essere immaginata come un insieme di indirizzi a particolari locazioni di memoria nel cervello. Volendo fare una similitudine con le pagine web di Internet si può dire che la mappa neuronale corrisponde agli insieme degli hyperlink presenti sulla Home Page di Positanonews. Cliccando sul collegamento o hyperlink si salta ad una altra pagina con l’accesso alle informazioni d’interesse.
La coscienza, secondo Damasio, consiste nella costruzione di immagini mentali, un film nella testa (movie-in-the-brain) generato da particolari mappe neuronali. Vediamo come funziona. Nel film ci sono due attori protagonisti che interagiscono.
Il primo protagonista è l’immagine del proprio corpo (proto-sé) con le relative sensazioni del momento. Le capacità sensitive di questo personaggio sono molto limitate: le uniche sensazioni che prova sono quelle del momento generate dal rapporto di interazione con il secondo personaggio del film. Il proto-sé ha scarsissima memoria: l'unico passato che possiede è quello, vago, relativo a ciò che è appena accaduto. Non sa fare previsioni per il futuro.
Il secondo personaggio del film è l’immagine di un qualsiasi oggetto del mondo esterno. ‘Oggetto’ qui deve intendersi in modo molto esteso. Può essere un’altra persona, una faccia, un auto, una melodia, un mal di denti, il ricordo di un fatto, ecc. Nel film-nella-testa i due personaggi interagiscono fra di loro in serie di reciproche azioni e reazioni.
Le immagini del proto-sé e dell’oggetto vengono generate da una mappa neuronale di primo livello che permette l’accesso ad una limitatissima base di conoscenza cerebrale.
Nel film abbiamo quindi i due personaggi, proto-sé e oggetto, che interagiscono fra di loro a livello di fotogramma, ma non abbiamo un meccanismo in grado di registrare la storia dell’incontro: la mappa neuronale di primo livello è insufficiente. Per poter registrare la storia occorre passare ad una mappa neuronale di secondo livello gestita da un terzo personaggio, il “narratore silenzioso”.
Costui guarda il film, osserva e valuta, in silenzio, le azioni e reazioni reciproche dei due personaggi. E' importante considerare che il narratore silenzioso dispone di una mappa neuronale di secondo livello ed è quindi in grado di accedere ad un’ampia base di conoscenza cerebrale, con tutti i ricordi, le esperienze e soprattutto i marcatori somatici.
Non mi dilungo qui sul concetto di marcatori somatici altrimenti l’articolo non finisce più. Basti dire che i marcatori somatici ricordano l’esito, positivo o negativo, di incontri similari fra proto-sé e oggetto.
Il narratore silenzioso contempla la scena del film ma non è uno spettatore passivo, egli, oltre a “pensare in merito al pensiero” del proto-sé, può intervenire, in base alla sua più ampia base di conoscenza, per aggiornare la mappa neuronale di primo livello e modificare quindi l’atteggiamento e le sensazioni del proto-sé nella relazione con l’oggetto.
Il narratore silenzioso non è quindi uno semplice spettatore del movie-in-the-brain. Egli stesso sta dentro un film generato dal cervello, o meglio è il protagonista principale del film dal titolo “il narratore che guarda il film dell'incontro fra proto-sé e oggetto”. Ma c'è di più, oltre a contemplare il film, il narratore silenzioso può modificare la storia del film che sta guardando.
La capacità del “narratore solitario” di contemplare le interazioni fra il proto-sé e il mondo e, nello stesso tempo, la sua facoltà di influenzare la storia del rapporto, costituisce, per Damasio, l’essenza della core-consciouness o coscienza di sé.
Rileggendo quest’ultima parte dell’articolo mi sono reso conto che forse tutta la storia del movie-in-the-brain ti risulterà alquanto ermetica se non oscura. Credo che frasi come “pensare in merito ad un pensiero” e “il narratore che guarda il film dell'incontro fra proto-sé e oggetto” siano poco felici, ma non so trovare di meglio. Prova a fare uno sforzo di immaginazione aggiuntivo. Prova a pensare, per esempio, ad una scatola di scarpe dentro una scatola di scarpe più grande. Nella scatola esterna c’è il “narratore silenzioso”, nella scatola interna ci sono il proto-sé e l’ oggetto. Le due scatole, insieme, sono il film-nella-testa generato dalle mappe neuronali.
Questa è la mia personale reinterpretazione della teoria della coscienza di Damasio. Ci sono da fare due valutazioni: la prima è se io abbia in effetti capito completamente la teoria di Damasio; la seconda è se Damasio abbia colpito nel segno nell’elaborare la sua teoria.
Una cosa è certa: a Damasio va senz'altro riconosciuto il merito di aver contribuito a introdurre il corpo nella discussione scientifica sulla coscienza. L'idea che l'organismo partecipi all'esperienza cosciente rompe nettamente con una tradizione che vuole la mente ben distinta dal corpo e restituisce alla coscienza stessa i requisiti biologici indispensabili per farne un oggetto di studio scientifico.
Nella prossima puntata cercherò di attaccare la seconda illusione dell’uomo, quella di ritenersi il centro ed il fine ultimo di tutto l’Universo.
A sabato prossimo!
Luigi Di Bianco
comments are welcomed ... ldibianco@alice.it
Il contenuto di questo articolo ed i relativi diritti sono di proprietà dell´autore.

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Riporto un articolo apparso sul Corriere della Sera il 25 giugno 2009

LA RICERCA
Cervello: «fotografato» un ricordo
Grazie a un'etichetta fluorescente confermati i meccanismi molecolari della memoria


L'incremento della fluorescenza (verde) fra le frecce gialle rappresenta il momento della formazione del ricordo (Science)

ROMA - Scattata la foto della formazione di un ricordo a livello molecolare: con un interruttore luminoso a livello delle sinapsi (i ponti di comunicazione dei neuroni), scienziati americani e canadesi hanno osservato in diretta tutte le fasi molecolari dell' incisione della traccia di un ricordo nel cervello. Resa nota la scorsa settimana sulla rivista Science, il risultato si deve a Wayne Sossin del Montreal Neurological Institute and Hospital (The Neuro), McGill University con esperti della University of California, Los Angeles.

ETICHETTA FLUORESCENTE - Quando si forma un ricordo, a livello delle sinapsi che legano e mettono in comunicazione i neuroni, si ha un consolidamento della struttura del «ponte sinaptico» tramite la produzione di nuove proteine. Già un anno fa, grazie a Gary Lynch dell'Università di Irvine in California in un lavoro pubblicato sul Journal of Neuroscience, la formazione di un ricordo era stata immortalata per la prima volta con tecniche microscopiche nel cervello di topolini, con un «primo piano» sulla riorganizzazione delle sinapsi. Adesso il gruppo di Sossin ha ripetuto l'impresa con un metodo diverso. Con un'etichetta fluorescente che si lega alle nuove proteine formate, Sossin ha mostrato che a livello delle sinapsi, subito dopo l'incameramento di un'informazione da parte del cervello, aumenta la fluorescenza. Ciò significa, a ulteriore conferma di quanto si sapeva già, che mentre formiamo e fissiamo un ricordo, nelle sinapsi vengono prodotte nuove proteine ed è grazie a queste che la sinapsi si consolida e il ricordo rimane fissato nel cervello a lungo termine.

venerdì 23 ottobre 2009

Evoluzione dell'esoterismo e delle religioni.



Quando parliamo di “DIO” o di qualunque altre forma di entità soprannaturale, dobbiamo essere consapevoli che è una “nozione” non molto precisa e Gerardus van der Leeuw, nel suo libro Fenomenologia della religione, ci sottolinea che l’esperienza religiosa vissuta si riferisce a qualche cosa DI DIVERSO, CHE SORPRENDE, che esce dall’ordinario.
La credenza più antica è generata da osservazioni empiriche; e per la maggior parte dell’evoluzione della religione primitiva, dobbiamo sostituire all’immagine di Dio (concepita solo negli ultimi millenni), la semplice NOZIONE del diverso, dell’eterogeneo, dello straordinario.
Il soprannaturale, in qualunque sua forma, è dotato di Potenza (o MANA), e non è di natura fisica, ma si rivela nella forza fisica o in tutte le forze e capacità possedute dall’uomo.
Sciamanesimo, in antropologia culturale, è un termine che indica l'insieme delle credenze ed il modo di vivere e di vedere il mondo, di società animiste non alfabetizzate, imperniato intorno ad una particolare figura di guaritore-saggio ed alla sua attività magico-religiosa: lo sciamano.

Lo sciamanesimo si riferisce a una vasta gamma di credenze e pratiche tradizionali che comprende la capacità di diagnosticare e curare malattie, nonché tutti i possibili problemi della comunità e del singolo, dal come procurarsi il cibo al come sbarazzarsi dei nemici. Ciò attraverso l'asserita capacità dello sciamano di "viaggiare" in stato di trance nel mondo degli spiriti e di utilizzare i loro poteri. È questa la principale caratteristica dello sciamano che lo contraddistingue da altre forme di guaritore.

Lo sciamanesimo è un'antichissima pratica transculturale che presenta caratteri distintivi ben precisi e comuni, all'interno di una struttura flessibile, capace cioè di adattarsi a diverse culture e religioni.

Riportiamo, quindi, un breve riassunto dell'evoluzione antropologica:
Il numero di “Science” del 2 ottobre è stato dedicato alla descrizione dell’Ardipithecus ramidus, l’ominino riportato alla luce tra il 1992 e il 1995 da Tim White ad Aramis, in Etiopia, e datato a 4,4 milioni di anni fa, una forma né scimmia e né uomo. E’ un antenato di Lucy, l’australopiteco vissuto circa 3,5 milioni di anni fa; e discende dagli antichissimi ardipitechi, vissuti fra 7 e 4,4 milioni di anni fa. Anche se non è esattamente l’anello mancante, si ci avvicina moltissimo. Dagli australopitechi discende poi il genere homo. (vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Evoluzione_umana).
Un milione di anni fa, una nuova specie denominata Homo Erectus (che aveva da poco soppiantato cugini più antichi come l'Homo Ergaster e l'Homo Habilis) aveva fatto la sua comparsa in Africa e in Asia e si era spinta successivamente anche in Europa e in Italia.
Per migliaia di anni, deserti, ghiacciai e vasti mari interni avevano isolato i vari gruppi di ominidi.
Nell'ambiente gelido e inospitale dell'Europa settentrionale si era sviluppata una nuova specie ben adattata al freddo: l'Uomo di Neanderthal appunto. L' Homo di Neanderthal è stato una delle specie umane di maggior successo in assoluto. Per 250.000 anni ha dominato l'Europa, un continente stretto dalla morsa delle ere glaciali e popolato da belve e animali selvatici.
Poi, 100.000 anni fa, la sfida decisiva: l'arrivo - ancora dall'Africa - di un'altra specie umana.....l' Homo Sapiens. La fenomenologia delle religioni risale almeno all’uomo di Neanderthal, con il culto dei morti e degli antenati, e si replica poi nell’homo sapiens, con lo sciamanesimo.
Nei pressi di Baku, in Azerbaigian, nel sito di Qobustan, vi è un insediamento con numerose incisioni rupestri del periodo neolitico. Si possono ammirare più di 4000 iscrizioni che risalgono a oltre 12.000 anni fa e pitture rupestri che ritraggono uomini e donne dell'età della pietra impegnati nella caccia o in danze rituali. Si ritiene che le loro danze fossero accompagnate dalle melodie del Gaval-Dashy (la pietra tamburino), una roccia che emette un suono profondo e risonante quando viene sfregata. Segno che già a quel tempo esistevano religioni primitive post sciamanesimo.
Bisogna aspettare i Sumeri, con l’invenzione della scrittura per passare dalla preistoria alla storia. La Mesopotamia, nel periodo che va dalla fine dell'ultima età glaciale (c. 10000 a.C.) e l'inizio della storia,venne abitata da varie civiltà come quella Ubaid e quella Uruk. Uno dei siti neolitici più vecchi conosciuti in Mesopotamia è Jarmo, datato 7000 a.C. circa. A partire dal 3500 a.C. la Mesopotamia venne abitata da fiorenti civiltà come i Sumeri, gli Accadi, i Babilonesi, gli Assiri, gli Ittiti, gli Hurriti e i Cassiti. Alcune di queste civiltà fecero importanti scoperte e invenzioni. Per esempio i sumeri furono tra i primi a inventare la scrittura mentre i babilonesi hanno inventato uno dei primi codici di leggi della storia, il Codice di Hammurabi.

RELIGIONE SUMERA:
I Sumeri adoravano una triade principale, rappresentata da An, dio del cielo; da Enlil, dio dell'aria, o dell'alito del vento e delle grandi tempeste (si consideri che il territorio è alluvionale e palustre; la parola paradiso, di derivazione indoeuropea, significa forse giardino palustre) ; e da Enki, dio della terra o del sottosuolo. Veneravano inoltre la dea Inanna, dea dell'amore e della guerra (equivalente alla dea Accadica Ishtar), il dio Dumuzi, dio della pastorizia, il dio Ningirsu patrono della città di Lagash, la dea Nammu, dea generatrice, e altre divinità, circa seicento, suddivise fra dei minori ed oggetti sacri.

Gli dei Sumeri (dingir, plurale dingir-dingir oppure dingir-e-ne) erano generalmente i patroni di particolari città, dove venivano venerati e avevano il loro tempio. La loro importanza religiosa logicamente seguiva le sorti politiche della città, cosicché spesso predominava, anche su tutto il paese, a volte invece era asservita ai voleri del vincitore. Particolarmente temuta era la distruzione del simulacro sacro, o il furto della statua che veniva portata in esilio dal nemico.

Secondo il credo Sumero, gli dei avrebbero creato gli umani dall'argilla, per usarli come servitori. Spesso gli dei esprimevano la loro ira e frustrazione nei terremoti: l'essenza della religione Sumera era sottolineare che tutta l'umanità stava alla mercé degli dei.

I Sumeri credevano che l'universo consistesse in un disco piatto racchiuso in una cupola. L'aldilà significava la discesa in un vile mondo inferiore, per passare l'eternità in una miserabile esistenza come un fantasma (Gidim).

I templi sumeri erano costituiti da una navata centrale con corridoi ai lati. A fianco dei corridoi c'erano le stanze dei sacerdoti, alla fine di uno dei due c'era un palco e una tavola di argilla per i sacrifici animali e vegetali. I granai e i magazzino si trovavano solitamente vicino ai templi. Dopo un certo periodo, i Sumeri cominciarono a piazzare i templi sopra colline artificiali, terrazzate e a più strati: le ziggurat.

Fortunatamente, oggi conosciamo gli aborigeni australiani, vissuti per almeno 50.000 anni isolati dagli altri continenti, e che non hanno quindi subito l’evoluzione dei concetti religiosi degli altri popoli della terra. E’ infatti molto probabile che, essendo la religione sumera molto strutturata, questa discenda da tradizioni orali o archetipe inconscie risalenti ad almeno 12.000 (o più) anni prima dell’avvento della scrittura. Tale tradizione orale (e/o archetipa inconscia) ha poi interessato tutte le altre religioni della terra (Induismo, Buddismo, Taoismo, Magia Egiziana, Ebraismo, Mitologia greca (da cui discende anche la filosofia greca), etc.. L’Australia è l’unico lembo di terra oggi sul Pianeta, nel quale i reperti archeologici e soprattutto le opere d’arte, permettono di ricostruire 50.000 anni di storia di popoli cacciatori-raccoglitori dell’età della Pietra, e nel quale persistono ancora tradizioni orali che confortano tali ritrovamenti con testimonianze dirette dei loro contenuti concettuali. Ad esempio, questo popolo non ha il concetto di Dio e nemmeno quello della proprietà (sono loro che appartengono alla terra dove vivono, e non viceversa). Vedi http://www.psicoanalisi.it/psicoanalisi/osservatorio/articoli/osserva40.html.

domenica 27 settembre 2009

Giustizia, etica e senso del bene. Le tre vie che portano alla verità, secondo il Cardinale Carlo Maria Martini.

Post in costruzione.
Dal corriere della sera del 27 Settembre 2009.
Domande & Risposte al Cardinale Martini.
"Eminenza, sono una donna di Milano, artista, che ha seguito la sua Cattedra dei non credenti. Mi piacerebbe sapere cosa intende con la parola autenticità? Autenticità e verità, quale legame esiste tra le due parole?" --- Antonella Ortelli (Milano)

*** La risposta del Cardinale:
"L'autenticità mi pare ammetta......

sabato 26 settembre 2009

Un grave limite di tutte le religioni che si basano sulla metafisica.

Premesso che, come giustamente ha affermato Benedetto XVI a Ratisbona, le sacre scritture vanno interpretate secondo ragione, il cattolicesimo, come tante altre religioni, che si basano sulla metafisica, ha un grave limite. Si ritiene che Dio, o chi per Lui, abbia voluto comunicarci un CODICE ETICO simile ai nostri codici (penale, civile, etc.) con articoli e commi vari (ovvero, per il cattolicesimo, i dieci comandamenti + altri peccati in cui si incorre in scomuniche ed altro). Questo implica una generalizzazione e delle regole ferree e non elastiche, ancor più delle nostre leggi penali in cui vi sono contemplate almeno le "attenuanti". Con questa visione metafisica delle leggi divine, o una cosa è BIANCA oppure è NERA, in quanto si ritiene che una LEGGE DIVINA DEBBA ESSERE NECESSARIAMENTE PERFETTA. Niente di più inumano ed irrazionale. Come, giustamente, disse Umberto Eco a proposito della CITTA' IDEALE di Platone, questa poteva andare bene per gli dei e non per gli uomini, in quanto imperfetti. Nel vangelo stesso, Cristo ha chiarito la questione, quando uno scriba gli chiese qual'era il COMANDAMENTO PIU' GRANDE. Intanto si evince che non tutti i peccati hanno la stessa importanza, ma nella risposta di Cristo "Ama Dio.... e ama il prossimo tuo come te stesso", espicitata meglio, subito dopo, nella parabola del buon samaritano (capire cosa fare per diventare prossimo per gli altri = altruismo verso coloro che ne hanno bisogno), vi è la chiave di volta per risolvere il problema. Infatti, subito dopo, sempre nello stesso vangelo, dice che gli altri comandamenti derivano da questo comandamento più importante (l'altruismo). Amare Dio, inoltre, porta sempre, come conseguenza, ad amare i fratelli più piccoli (vedi il passo del vangelo: "avevo fame e mi avete dato da mangiare, ......). Dovrebbe essere, quindi, lapalissiano, ma purtroppo non lo è ancora per chi si basa sulla metafisica, che ogni regola religiosa si deve interpretare secondo tale "chiave di volta"; ovvero, ogni singola azione deve essere giudicata, nel suo complesso, se è una azione altruistica o egoistica, che porterà bene o male al prossimo. Per fare un esempio concreto, se si fa abortire una bambina di 9 anni violentata dal padre (caso recente brasiliano), i medici che lo fanno non possono incorrere in una scomunica, visto che lo fanno per salvare la vita della bimba, destinata a morire sicuramente nel parto. Lo stesso dicasi, ad esempio, per una separazione (anche in presenza di figli) quando si arriva a "picchiarsi" in continuazione e si crea un clima di grave tensione: è irrazionale pensare che questo sia il volere di Dio. La regola dettata da Cristo sull'indissolubilità del matrimonio va interpretata secondo ragione, per limitare gli abusi egoistici dei più forti (in genere gli uomini ricchi e potenti che ripudiavano le mogli, per sposarne altre più belle e più giovani); ma in ogni interpretazione di una legge religiosa DEVE SEMPRE PREVALERE l'altruismo e il bene degli altri, specialmente dei più deboli e bisognosi, tenendo presente che non si può essere sempre dei santi, ma delle persone normali, soggette a gelosie, ire, disistima, impazienza, odio, e tanti altri difetti, che impediscono, a volte, un'accettabile convivenza. E anche la buona volontà, nella realtà dei fatti, non è sufficiente nemmeno per nascondere ai figli il reale stato di conflitto e di tensione, con conseguenti gravi traumi psichici.